Domande frequenti e dubbi
(FAQ)

QUANDO OPERARSI ?

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Una delle domande più frequenti che si pone un paziente affetto da una malattia degenerativa dell’anca riguarda il corretto momento in cui si deve decidere di eseguire l’intervento di sostituzione protesica dell’articolazione.

Il buon esito del trattamento chirurgico consente infatti di risolvere la sintomatologia dolorosa con il recupero di una adeguata mobilità; permette quindi il ritorno ad una vita normale e la ripresa di una soddisfacente attività motoria e anche discretamente sportiva.

La decisione sul quando operarsi deve essere presa assieme al chirurgo ricordando sempre che non si parla di un intervento salva vita, ma di un trattamento certamente in grado di migliorare in maniera considerevole la qualità della vita.

Questo comporta che il momento giusto per l’intervento può essere diverso da paziente a paziente e che non risulta sufficiente una diagnosi radiografica per decidere l’intervento.

Dico solitamente ai miei pazienti che sono loro a comprendere chiaramente “quando è arrivato il momento” sulla base della gravità percepita della malattia in relazione alle loro richieste e aspettative funzionali.

 

Risulta corretto tuttavia analizzare una serie di 10 FATTORI UTILI A SCEGLIERE IL MOMENTO PIÙ OPPORTUNO PER OPERARSI:

 

1) IL DOLORE

 

Il dolore conseguente alla degenerazione e alla deformità articolare dell’anca si caratterizza all’inizio per il suo carattere intermittente, con periodi di remissione più o meno completi. Con la progressione della malattia diviene continuo, invalidante, e si accentua come intensità nel tempo. 

 

2) LA LIMITAZIONE FUNZIONALE

 

Il peggioramento della cosiddetta autonomia funzionale e motoria dipende solo in parte dalla sintomatologia dolorosa. Risulta infatti direttamente proporzionale al grado di deformità articolare: l’anca diviene progressivamente meno mobile sui vari piani dello spazio e tale rigidità si ripercuote sui vari gesti della vita quotidiana: allacciarsi le scarpe, infilarsi le calze, ecc.

 

3) IL SENSO DI GRAVITA’ PERCEPITA

 

La convivenza con il dolore e la ridotta autonomia conducono a variabili ripercussioni psicologiche dipendenti dal grado di accettazione della malattia rapportata alle richieste funzionali e motorie individuali. Le implicazioni negative sulla sfera psicologica possono condurre a veri e propri stati di depressione.

 

4) L’ IMPIEGO DI FARMACI ANTIDOLORIFICI

 

Nelle fasi avanzate, i farmaci antidolorifici, antinfiammatori o cortisonici risultano progressivamente meno efficaci ed il loro uso continuativo può condurre ad effetti collaterali anche gravi. Non va inoltre dimenticato che l’impiego di tali sostanze po' interagire negativamente con altre terapie croniche assunte dal paziente, in particolare con gli anticoagulanti.

Nelle patologie dell’anca ad alta componente infiammatoria (ad esempio nelle malattie reumatologiche), la risoluzione del problema articolare locale influisce in maniera estremamente positiva sull’intero decorso della malattia generale.

 

5) IPOTROFIA MUSCOLARE 

 

Il dolore conduce il paziente ad assumente atteggiamenti di difesa durante la statica e la deambulazione.

Tipicamente si assiste ad un appoggio prevalente sull’arto sano e ad un modo di camminare che tenta di proteggere l’articolazione ammalata da sollecitazioni dolorose.

Questo comporta la comparsa di zoppia e la progressiva riduzione della massa muscolare della regione glutea e della coscia.

L’ipotrofia muscolare risulta ancor di più ridotta negli esiti di displasia dell’anca; in tali casi un eccessivo ritardo nel trattamento rende considerevolmente più lunga la fase di riabilitazione e di recupero funzionale, oltre che incrementare il rischio di complicanze legate all’instabilità articolare (lussazioni)

 

6) RIPERCUSSIONI DELLE ALTERAZIONI POSTURALI SULLE ARTICOLAZIONI VICINE

 

Il dolore dell’anca risulta spesso irradiato al ginocchio, per lo più a causa dell’atteggiamento in extrarotazione dell’arto durante la deambulazione. Se come spesso avviene coesiste anche un’iniziale artrosi del ginocchio, questa alterazione posturale rischia di causarne un significativo aggravamento. Lo stesso dicasi per un’artrosi della colonna, specie se la patologia dell’anca si associa ad una differenza di lunghezza degli arti (dismetria).

La presenza di tali fattori rappresenta quindi una buona ragione per anticipare il momento di applicazione della protesi per ripristinare un modo corretto di camminare.

 

7) ANCA CONTROLATERALE

 

Lo stato clinico dell’anca controlaterale è uno dei parametri più importanti per decidere quando operarsi. Infatti, quando un’anca diviene seriamente danneggiata, l’altra subisce inevitabilmente un carico aumentato. Se anch’essa presenta una forma iniziale di artrosi, un’attesa eccessiva rischia di accorciarne la sopravvivenza. Lo stesso dicasi in caso di presenza di una protesi d’anca controlaterale.

 

8) ALTERAZIONI OSSEE

 

L’artrosi avanzata determina, dopo la scomparsa dello strato di cartilagine, anche diverse deformità strutturali ossee della regione dell’anca, che possono assumere diverse manifestazioni. 

Si può assistere ad esempio ad un progressivo indebolimento del fondo acetabolare con protrusione di vario grado della testa femorale all’interno del bacino. In altri casi si assiste alla formazione di vere e proprie cavità all’interno del bacino che rappresentano aree di indebolimento osseo.

Tali difetti possono rendere l’intervento più complesso e ridurre la qualità dei risultati ottenuti.

 

9) ETA’

Nei pazienti anziani ritardare l’intervento può significare semplicemente rimandarlo di poco, arrivando in fasce di età dove risulta certamente più probabile che vi siano delle patologie coesistenti che aumentano i rischi operatori. L’attesa, nella terza età, può condurre alla comparsa o all’accentuazione di una serie di complicazioni che si verificano in seguito alla riduzione della indipendenza motoria. Tra di esse è importante ricordare l’atrofia muscolare, malattie cardiache e respiratorie, insufficienza venosa degli arti inferiori, deterioramento psichico. Si è oggi concordi che, dopo attenta valutazione, anche l’ultraottantenne vada operato se l’anca degenerata giunge a limitare seriamente la vita di relazione.

Per quanto riguarda l’indicazione chirurgica nelle fasce di età più giovanili, l’atteggiamento dei chirurghi ortopedici si è progressivamente modificato sulla base dei dati di sopravvivenza a lungo termine degli impianti protesici di nuova generazione. Il miglioramento qualitativo dei materiali impiegati abbinato al perfezionamento delle tecniche chirurgiche ha fatto si che anche i pazienti più giovane possano affrontare il trattamento con giustificata fiducia di un’adeguata durata dei risultati nel tempo.

Ad oggi, le protesi d’anca presentano una sopravvivenza di circa il 90% a 18 anni di distanza dall’impianto, mentre i modelli più moderni presentano una sopravvivenza del 97% a 15 anni.


 

 

10) FATTORI PSICO-MOTIVAZIONALI

 

Una corretta scelta del giusto “timing operatorio“ deve necessariamente includere una valutazione di aspetti individuali di natura psichica legati al paziente ed alla sua sfera famigliare.

Il grado di determinazione mostrato dal paziente, oltre che rappresentare una chiara dimostrazione di consenso al trattamento, risulta un presupposto fondamentale per una sua adeguata collaborazione durante il decorso postoperatorio e precoce e riabilitativo.

Le necessità lavorative del singolo paziente possono rappresentare senza dubbio un aspetto determinante sul processo decisionale.



 


Quali sono oggi le migliori tipologie di protesi ?

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Il concetto che oggi si sta affermando con maggiore evidenza riguarda la necessità di  personalizzare l’intervento: non esiste a priori una protesi migliore di in senso assoluto, mentre appare fondamentale una corretta pianificazione dell’intervento per scegliere la protesi corretta per ogni singolo paziente.

 

I principali fattori da considerare per decidere il tipo di impianto sono:

-       l’anatomia dell’anca da operare, con tutte le sue varianti

         •   tipologia del canale femorale

         •   differenze di lunghezza degli arti (dismetrie)

         •   valutazione delle potenziali cause di instabilità

-       la qualità del tessuto osseo in relazione all’età

-       il peso corporeo

-       le abitudini di vita del paziente e le sue richieste funzionali

-       la presenza di eventuali allergie ai metalli


Cosa significa eseguire l’intervento con tecnica mini-invasiva ?


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Durante gli ultimi 10 anni la Chirurgia Protesica dell’Anca ha introdotto modificazioni tecniche che l’hanno resa meno aggressiva e cruenta.

Il concetto di risparmio tissutale  e di minore invasività si applica a tutte le vie chirurgiche di accesso; oggi risulta quindi possibile minimizzare l’incisione ed il distacco muscolare  non solo con la via anteriore, ma anche con gli altri accessi chirurgici. Ciò permette al chirurgo anche in questo campo una personalizzazione dell’intervento, scegliendo tra le diverse opzioni sulla base delle patologie da trattare e delle tipologie dei singoli pazienti.

La minore invasività non dipende pertanto dalla lunghezza della cicatrice chirurgica, ma piuttosto dal rispetto dei tessuti profondi (muscoli, tendini, capsula articolare)


Cos’è la Chirurgia Computer Assistita? Quali aiuti forniscono le tecnologie informatiche nell’intervento?

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Le varie applicazioni dell’informatica possono costituire oggi un supporto fondamentale in diversi aspetti dell’intervento che comprendono:

-  la diagnosi : la TAC con ricostruzioni computerizzate tridimensionali delle immagini possono chiarire diversi dubbi orientando correttamente il chirurgo nella scelta del trattamento più idoneo.

- la pianificazione preoperatoria: esistono oggi particolari software in grado di fornire accurate informazioni riguardo la scelta del tipo di impianto, della corretta misura delle singole componenti protesiche e della lunghezza dell’arto

- la personalizzazione degli strumentari chirurgici: nelle protesi di ginocchio è oggi possibile costruire preventivamente particolari guide di allineamento che consentono di migliorare la precisione delle resezioni ossee .

- la navigazione guidata intraoperatoria: in questo caso il computer fornisce un assistente in grado di orientare il chirurgo in diversi passaggi durante l’intervento

- l’assistenza attiva diretta mediante chirurgia robotica, procedura che prevede l’esecuzione di alcuni tempi operatori praticata direttamente  dal sistema robotico


Quanto si prolunga il ricovero ospedaliero?

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La degenza media per un intervento di chirurgia protesica è di circa 5-6 giorni. Al termine del periodo di ricovero il paziente è normalmente in grado di camminare con gli appoggi antibrachiali ed ha eseguito in reparto i primi esercizi di salita e discesa delle scale. 

 L’obiettivo del trattamento rieducativo che si esegue durante il ricovero è rappresentato dal recupero di una buona articolarità e di un sufficiente controllo muscolare tale da permettere una deambulazione corretta per brevi tratti.

.    Il 1° giorno dopo l’intervento viene rimosso il drenaggio chirurgico ed è consentito alzarsi dal letto in presenza di assistenza. 

.    Il 2° giorno si inizierà a camminare con l’aiuto di appoggi (o del deambulatore) con l’assistenza del fisioterapista che nei giorni a seguire coordinerà lo svolgimento del programma riabilitativo fornendo informazioni sugli esercizi utili per tonificare la muscolatura e sul modo più sicuro per assumere le diverse posture della vita quotidiana


Qual’è la durata prevedibile di una protesi?

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A differenza di quanto accadeva nel recente passato, non esistono limiti prevedibili di durata nel tempo di una protesi di nuova generazione correlati al consumo dei materiali oppure al fallimento dei sistemi di fissazione (cemento). La ceramica presenta un grado di usura pressoché trascurabile mentre le componenti protesiche di sostegno non cementate vanno incontro ad un processo di integrazione diretta con il tessuto osseo.  

I rari casi di fallimento sono pertanto per lo più riferibili a complicanze dell’intervento, oppure ad eventi traumatici secondari.  Secondo i dati certificati dal Registro di Implantologia Protesica Ortopedica (R.I.P.O.), i nostri impianti protesici presentano una percentuale di sopravvivenza superiore al 95%


Quanto tempo dura l’intervento e quale tipo di anestesia mi consiglia?

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Il tempo operatorio medio di un intervento di protesi d’anca o di ginocchio è di circa un’ora. Le procedure anestesiologiche possono essere diverse: sono praticabili differenti tecniche di anestesia generale (narcosi) e periferiche, le quali inducono un’azione antidolorifica circoscritta all’arto da operare (spinale, epidurale). Non esiste in assoluto la tecnica migliore per tutti i casi: la scelta tra le diverse opzioni viene effettuata durante la valutazione anestesiologica tenendo conto delle condizioni cliniche generali del paziente e delle diverse patologie eventualmente associate. Durante questa visita vengono anche considerati aspetti di natura psicologica ed al termine del colloquio si giunge ad una decisione concordata con il paziente e consigliata dall’anestesista sulla base delle sue specifiche competenze.


Non vorrei le trasfusioni!

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Oggi si cerca di porre la massima attenzione ai diversi comportamenti che contribuiscono alla riduzione delle perdite ematiche in tutte le fasi del percorso di cura: 

a. Valutazione preoperatoria dei valori ematici al fine di compensare preveventivamente stati anemici eventualmente presenti

b. Impiego di tecniche chirurgiche orientate al contenimento delle perdite ematiche intraoperatorie: vie di accesso a minore invasività, sistemi avanzati di emostasi, eventuale recupero ematico postoperatorio L’insieme di tali procedure ha consentito di ridurre al massimo la necessità di sottoporre il paziente a trasfusioni postoperatorie. Attualmente siamo riusciti a limitare questa eventualità ad una percentuale inferiore al 30% della nostra casistica, il che significa che le trasfusioni possono rendersi inevitabili nei pazienti più anziani, che presentano condizioni patologiche gravi o negli stati di anemia di base. 


Non vorrei avere una gamba più lunga !

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Uno dei compiti dell’intervento è rappresentato dal ripristino di una corretta lunghezza dell’arto operato. L’accurata pianificazione preoperatoria unitamente alla modularità delle moderne componenti protesiche permette oggi come si è detto di personalizzare al massimo l’intervento in quanto è possibile intervenire su diversi parametri di regolazione della misura (testa e collo femorale).

  In alcuni casi tuttavia la persistenza di una differente lunghezza degli arti può dipendere da cause esterne all’anca (deviazioni della colonna vertebrali, obliquità del bacino). In altri casi la decisione di accettare un certo allungamento dell’arto rappresenta una scelta intraoperatoria obbligata, ad esempio quando si evidenzia un’insufficiente tensione della muscolatura glutea, allo scopo di prevenire l’instabilità della protesi (lussazione). Analoga situazione si verifica frequentemente dopo un intervento di protesi d’anca in esiti di displasia congenita.




Come posso aumentare la funzionalità e la sopravvivenza della protesi nel tempo? 

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Sono solito ricordare al paziente che le protesi non hanno il motore! L’intervento realizza la ricostruzione di un’articolazione in grado di muoversi liberamente senza dolore mediante l’inserimento di un giunto meccanico il cui funzionamento è in relazione diretta con la validità del tessuto muscolare. L’efficienza reale, oltre che la stabilità percepita dal paziente dipende quindi in larga parte dal suo impegno costante e continuativo rivolto al recupero ed al rinforzo della musco- latura glutea e della coscia. Viene inoltre ricordata l’importanza del mantenimento di un adeguato peso corporeo. Lo stato di obesità determina un aumento considerevole delle sollecitazioni di carico sull’impianto e può favorire fallimenti meccanici, episodi di instabilità e perfino la rottura delle componenti protesiche




Con quale frequenza devo controllare la mia protesi? 

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Prescrivo abitualmente due controlli clinici e radiografici durante il primo anno, programmati rispettivamente ad un mese e 6 mesi dopo l’intervento. Ciò al fine di verificare il grado di recupero funzionale e di valutare la progressiva integrazione tra protesi e tessuto osseo. Dopo tale periodo in presenza di un buon decorso clinico non ritengo necessario prestabilire ulteriori controlli. Consiglio in ogni caso l’esecuzione di una semplice radiografia ogni 2-3 anni, utile a verificare il mantenimento del risultato. Sulla base delle immagini radiografiche possono rendersi necessari controlli più frequenti al fine di vautare la progressione di eventuali allentamenti meccanici dell’impianto.




Sono allergico ai metalli ! Quali sono i rischi?

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Nelle protesi d’anca le componenti protesiche di sostegno vengono fabbricate in titanio: sono quindi prive di elementi allergogeni quali il Nichel, il Cromo ed il Cobalto Il materiale da noi utilizzato per la testa femorale è rappresentato dalla ceramica, sostanza anallergica per eccellenza. 

Nelle protesi di ginocchio gli impianti femorali più utilizzati sono realizzati in leghe di acciaio che contengono abitualmente anche Nichel, Cromo e Cobalto. Appare quindi fondamentale il riconoscimento anamnestico delle allergie al fine di utilizzare specifici sistemi protesici anallergici.


Cosa sono le protesi d’anca di rivestimento?

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Sono componenti protesici femorali che ricoprono la te- sta del femore, la quale quindi viene conservata e rivestita in superficie. Realizzano accoppiamenti di scorrimento del tipo metallo-metallo e sono quindi soggette a tutte le problematiche riferite in precedenza (allergie, malattie da liberazioni di ioni) La letteratura è concorde nell’attribuire a tali sistemi tassi di fallimento decisamente superiori rispetto alle protesi a conformazione tradizionale, per cui negli ultimi anni vengono impiegate sempre meno frequentemente.


Quali sono le complicanze più frequenti?

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Nella documentazione relativa al consenso informato per tale intervento vengono descritte in maniera analitica tutte le teoriche complicazioni possibili. Alcune di queste come si è detto sono divenute rarità assolute, come la lussazione della protesi. Assieme al miglioramento delle tecniche chirurgiche, i progressi farmacologici hanno contribuito a diminuire radicalmente la probabilità di comparsa della malattia tromboembolica. La profilassi antibiotica per ridurre il tasso di infezioni viene praticata in tutti i pazienti.

Nella nostra esperienza l’insieme delle complicanze maggiori risulta inferiore all’1%.


Quali sono i risultati degli interventi di sostituzione (reimpianti) delle protesi nei casi di fallimento degli impianti ?

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I progressi dei materiali e delle tecniche chirurgiche hanno prodotto miglioramenti decisivi negli esiti di tali procedure chirurgiche.L’impiego di sistemi modulari facilita il trattamento per la possibilità di intervenire direttamente sulle componenti mobilizzate, senza la necessità di sostituire l’intera protesi. La tempestività della diagnosi e del trattamento rappresentano importanti fattori che favoriscono il raggiungimento di risultati funzionali simili a quelli del primo intervento. Risulta pertanto fondamentale eseguire il nuovo intervento prima che lo stato di allentamento meccanico dell’impianto determini gravi effetti di consumo sul tessuto osseo (osteolisi). Presso l’Ortopedia di Lugo ho eseguito in media oltre 50 interventi di revisioni protesiche ogni anno.


Quali consigli devo seguire prima dell'intervento?

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In questa sezione vengono elencate alcune semplici raccomandazioni che tuttavia rappresentano presupposti molto importanti per il buon esito dell’intervento.

 

INFORMAZIONE E COMPRENSIONE DEL TRATTAMENTO

 

Non è un’affermazione banale ricordare l’importanza di avere un dialogo completo con il proprio chirurgo prima dell’operazione. 

Al paziente che deve decidere di intraprendere questo tipo di intervento devono essere date tutte le informazioni pratiche per farlo sentire più tranquillo e fornire le risposte adeguate a tutta una serie di domande che inevitabilmente non possono essere poste nel corso di una singola visita.

I moderni strumenti divulgativi informatici rappresentano in tal senso un aiuto fondamentale per la maggior parte dei pazienti e per i suoi famigliari..

Nel momento in cui viene effettuata la prenotazione al trattamento chirurgico sono solito consegnare un documento informativo specifico sull’intervento che costituirà parte integrante della cartella clinica nell’ambito di un corretto consenso informato.

La completezza del processo informativo può inoltre essere accresciuta dal materiale direttamente accessibile nel sito web, che prevede anche la possibilità di interagire direttamente con il chirurgo e con la struttura sanitaria dove sarà eseguito il trattamento

Il paziente dovrà inoltre essere a conoscenza dell’importanza di una attenta valutazione delle sue condizioni generali, delle modalità del ricovero, del tipo di protesi che verrà impiegato e del periodo postoperatorio, includendo le necessità organizzative che dovrà affrontare al momento del suo rientro domiciliare.

 

PREPARAZIONE FISICA PERSONALE

 


 

1)  CONTROLLO DEL PESO CORPOREO: Ridurre il peso in eccesso prima dell’intervento aiuta sicuramente a velocizzare la ripresa postoperatoria. La minore invasività delle moderne tecniche chirurgiche hanno in realtà sfatato i vecchi tabù legati all’intervento eseguito in condizioni di obesità: molti individui hanno grosse difficoltà a perdere peso prima dell’intervento sia per la vita sedentaria che per lo stato depressivo che coesiste ai forti dolori. Rimane tuttavia sicuramente corretto informare i pazienti che anche la riduzione di alcuni chilogrammi può risultare importante nel ridurre i fattori di rischio ed a facilitare il decorso postoperatorio

 

 

2) ATTIVITA’ FISICA E POTENZIAMENTO MUSCOLARE. All’invalidità connessa al dolore ed alla limitazione funzionale si accompagna sempre una cospicua perdita del tono muscolare. Esercizi volti a potenziare la muscolatura aiutano anch’essi ad affrontare meglio l’intervento e la successiva riabilitazione postoperatoria. Il terapista può svolgere un ruolo importante anche prima dell’intervento sviluppando un programma utile a migliorare il tono degli arti inferiori senza evocare dolore.

 


 

In generale il regolare mantenimento di motilità degli arti inferiori aiuta a conservare una elasticità articolare ed agisce favorevolmente sul circolo venoso e linfatico

 

 


 

 

3)  SMETTERE DI FUMARE. Esistono numerosi studi clinici che descrivono come Il fumo comporti un tasso di fallimento della protesi decisamente superiore rispetto ai non fumatori. Vengono inoltre riportati in letteratura rischi maggiori di avere complicazioni polmonari o vascolari e problemi alla guarigione della ferita chirurgica.

Questi rischi si riducono significativamente nei pazienti che smettono di fumare 6-8 settimane prima dell’intervento.

 

 

4) CURA DELL’IGIENE PERSONALE QUOTIDIANA E TRATTAMENTO DELLE INFEZIONI

Il mantenimento di una corretta igiene personale quotidiana che includa una regolare pulizia della cute e degli annessi (peli e unghie) rappresenta una costante raccomandazione pre-chirurgica ai fini della riduzione del rischio infettivo

 In presenza di infezioni periferiche dentali, urinarie, cutanee, ulcere vascolari etc, queste devono in ogni caso essere valutate e trattate prima dell’intervento.

 5)  STABILIZAZIONE DELLE CONDIZIONI MEDICHE. Le cause che più frequentemente determinano un rinvio dell’intervento sono la pressione alta e l’iperglicemia. E’ fondamentale arrivare al momento dell’intervento in una situazione clinica stabilizzata in modo da diminuire i rischi intraoperatori.

 

6) ASSUNZIONE DI FARMACI E SEGNALAZIONE DELLE ALLERGIE INDIVIDUALI. Consiglio regolarmente prima della visita preoperatoria di preparare l’elenco dei farmaci che vengono regolarmente assunti, mediante la compilazione di una semplice scheda terapeutica che include anche la presenza di eventuali allergie. Alcuni farmaci come gli anticoagulanti devono essere sospesi o sostituiti prima dell’intervento. Gli antinfiammatori non steroidei incrementano le perdite ematiche intraoperatorie e pertanto devono essere interrotti almeno 7 gg prima dell’intervento.

Quale stile di vita devo adottare?

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Il recupero ed il mantenimento di un buon trofismo muscolare, unitamente alla conservazione di un equilibrato peso corporeo, rappresentano fattori molto importanti per un ottimale funzionamento dell’impianto. L’insieme dei progressi verificatisi per tale intervento consentono oggi al paziente con protesi d’anca il recupero di una vita normale, che per i più giovani può includere anche determinate discipline sportive a basso impatto traumatico. Rimangono sconsigliate le attività che provocano elevate sollecitazioni meccaniche sull’impianto o che comportano rischi traumatici intrinseci di fratture dei segmenti ossei vicini alla protesi.